MSFS UNESCO's Wonders of World 🏳️‍🌈

Fabiani

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WoN#01 - CLIFFS OF MOHER 🇮🇪

L'UNESCO — l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura — "protegge" oltre duecento siti naturali, considerati di particolare rilevanza per bellezza, unicità o importanza ai fini della conservazione della biodiversità.
Volare {purtroppo solo su MSFS} a dare un'occhiata da vicino ad alcune di queste meraviglie della natura — Wonders of Nature, WoN, appunto — e a diffondere in giro per il mondo il motto della stessa UNESCO («Costruire la pace nella mente degli uomini e delle donne») mi è sembrato un buon proposito per iniziare l'anno nuovo...
E così, messo su un bel Robinson R66, agghindatolo nella suggestiva livrea de ‹l'Eretico›, cooptata la mia copilota tunisina preferita fresca di parrucchiere e fatto un fischio, subito raccolto, a una splendida femmina di pastore Malinois*, do il via al primo di questi miei raid.
*(Zorro e Pinta, i gatti, hanno rifiutato. Loro preferiscono lo stabile divano di casa ai sobbalzanti sedili in similpelle dell'elicottero)


Little Navmap Map 20240123-161533.jpg



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Sollevo i pattini dell'R66 in direzione ovest e il capo di Spanish Point — a una venticinquina di miglia dall'Aeroporto Internazionale di Shannon (EINN) — mi introduce all'Atlantico aperto e mi dà la dritta per risalire la costa occidentale irlandese. È il punto in cui inizia, di fatto, l'obiettivo del volo odierno: il ‹Burren & Cliffs of Moher UNESCO Global Geopark›. Esteso su una superficie di oltre 500 chilometri quadrati, il Geoparco ha naturalmente nelle ardite scogliere costiere, alte fino a 200 metri, il suo polo di attrazione principale.
Volo verso nord con un forte vento teso quasi alle spalle (viene da sud-ovest).

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Bé, 50 nodi sulle chiappe destabilizzano abbastanza un tipo leggerino come ‹l'Eretico›. E lo sguardo di Marwa effettivamente non appare rilassatissimo; Pale, invece, se la dorme alla grande tra le due file dei sedili.
Non arrivo fino al fiordo di Burren — del resto non era pianificato — e più o meno all'altezza di Fanore, Contea di Clare, viro a sinistra per mettermi sotto vento e atterrare nella fattoria degli O'Brien. Tipi simpaticissimi e ospitali che — dietro giusto compenso — mi concedono il terreno per "parcheggiare" l'R66, usare la toilette della loro dépendance e metter su la tenda più gli altri ammennicoli necessari per una fantastica nottata con vista sulle Aran.
Sì perché — laddove sarà possibile — in questi raid si vivrà "open-air". Intanto, stasera, grigliata di salmone e patate. Poi, domani, si vedrà: magari faremo un salto al pub di O'Donohue, il più famoso di Fanore; pare facciano un Bangers&Mash strepitoso.
Insomma, chi vuol intendere, in-tenda.

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Irpus

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Non so se te lo avevo già chiesto ma i tuoi piani di volo sono creati seguendo le regole che troveresti nella realtà oppure ti fai delle concessioni da simulatore per goderti meglio il paesaggio, per esempio?
Mi piacciono in ogni caso eh, anzi vorrei emulare le tue gesta, prima o poi, ma in aeroplano.

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Fabiani

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Non so se te lo avevo già chiesto ma i tuoi piani di volo sono creati seguendo le regole che troveresti nella realtà oppure ti fai delle concessioni da simulatore per goderti meglio il paesaggio, per esempio?
Mi piacciono in ogni caso eh, anzi vorrei emulare le tue gesta, prima o poi, ma in aeroplano.

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Innanzitutto grazie per l'attenzione 😊
No, pianifico con LittleNav Map ma giusto per avere un'idea dell'altimetria e degli ostacoli che mi aspettano.
Poi... diciamo che approfitto del simulatore per vantare sedicenti "permessi speciali" di sorvolo e tenuta di quote.
Ma non lo dire troppo in giro, eh! 😇
Cieli sgombri!
 

Irpus

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Ahahah! In effetti avrei dovuto ricordare le tante amicizie speciali di cui hai parlato in altri tour!
Del resto qualcosa ce la possiamo concedere ogni tanto altrimenti diventa troppo pesante e faticoso e non più uno svago.

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Fabiani

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Irpus non parla con lingua biforcuta, augh!
("Il simulatore è un piacere. Se non ti diverti, che piacere è?" semicit.)
 

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WoN#02 - SCHWARZWALD 🇩🇪

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La riserva della ‹Schwarzwald›, il nome con cui i tedeschi chiamano giustamente la loro ‹Foresta Nera›, comprende più di 56 mila ettari di selve, catene montuose, brughiere e prati adagiati tra le rive orientali del Reno e le pendici delle Alpi svizzere.
Dal 2017 è inserita nel programma MaB ('Man and Biosphere') e così, già famosa per essere il luogo dell'ambientazione di molte fiabe dei fratelli Grimm o la patria dei classici orologi a cucù, la Foresta Nera è divenuta uno di quei territori protetti che l'UNESCO porta ad esempio per una relazione equilibrata comunità/ambiente e per uno sviluppo economico attentamente collegato alla salvaguardia dell’ecosistema.



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Immagino che fare escursioni lungo i suoi sentieri che attraversano foreste di pini per poi, all'improvviso, sbucare davanti a un laghetto turchese debba essere piuttosto emozionante: è sicuramente un posto da camminarci dentro più che da (sim)volarci sopra.
Ma questo secondo mio raid ‹WoN› ('Wonders of Nature')/UNESCO mi permette comunque esperienze stimolanti e suggestive. Sicuramente rimarchevoli quella di decollare dalla piccola ma graziosa aviosuperficie di Poltringen [EDSP]; poi quella di sorvolare Tubinga (Tübingen) e la sua famosa, quattrocentesca università; e ancora quella di fare il pelo all'imponente e ardito Castello degli Hohenzollern, gli ultimi reali di Prussia.

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Dopo poco più di un'oretta di volo, sul finire del pomeriggio poggio i pattini dell'R-66 sul campo dell'Avio-Club di Vaihingen/Enz.
Piazziamo la tenda — subito sorvegliata da Pale — vicino a quelle che altri simpatici volovelisti locali hanno già sistemato lì e poi, tutti assieme, si va a cercare una buona locanda dove assaggiare gli ‹schwäbische maultaschen›: grossi ravioli preparati con un ripieno di trito di carne, spinaci, mollica di pane più diverse spezie; e che ci servono "geschmälzt" (conditi con burro e cipolle), accompagnati da un'insalata di patate.

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Ma maultaschen a parte, il bello viene la mattina dopo quando, appena sorto il sole, i teutonici gentilmente ci offrono — a me e a Marwa — di provare uno dei loro alianti.
Dopo lo scossone, neanche tanto forte, del verricello in uso all'Avio-Club, questa mia prima esperienza volovelistica mi porta sopra le rive del Reno, per poi compiere un anello e tornare verso Vaihingen.

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Tre quarti d'ora, forse cinquanta minuti di emozione pura: nessun motore, nessuna elica, solo l’aria e le forze dell’aerodinamica. Letteralmente "seduto sul cielo" faccio il pieno di energia, purezza, eleganza. E mi innamoro degli alianti.
Vi avverto, simmer: avrete presto notizie da me in proposito!

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Fabiani

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WoN#03 — POJEZIERZE MAZURSKIE 🇵🇱

La Terra dei laghi della Masuria (Pojezierze Mazurskie) è una regione della Polonia nordorientale, costellata da oltre duemila laghi più o meno estesi, spesso collegati tra di loro tramite fiumi e torrenti di breve lunghezza che danno vita a un intricato sistema di corsi d'acqua.

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Il paesaggio attuale si è formato diverse decine di millenni fa, risultato dell'attività della calotta glaciale scandinava, la quale progredendo e ritirandosi formò le colline ondulate boscose e le estese pianure umide, con fiumi e laghi che si svilupparono nelle depressioni.
La biosfera si distingue per gli straordinari valori ambientali e paesaggistici. E gli ecosistemi forestali e acquatici sono stati ricompresi dalla Polonia nel Parco Paesaggistico del Distretto dei Laghi, formato da oltre cento riserve naturali visitabili e tra la quali, quella del Lago Lukajno, è stata inserita nell’elenco dei Patrimoni dell’Umanità UNESCO.


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Di primo mattino — io, la copilota e Pale, la pastora Malinoise — poggiamo i carrelli dell'H-160 sull'asfalto di un parcheggio dell'Aeroporto della Masuria di Szczytno-Szymany (EPSY).
Le femmine della compagnia non vogliono attendere nemmeno che il rotore sia completamente fermo nel pretendere di essere immortalate in uno scatto ricordo. Poi — affidata la cana alla custodia di una biondissima e cinofila addetta dell'aeroporto — mi lancio nella mia prima seria e impegnativa esperienza volovelistica.


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Devo "galleggiare sul cielo" per poco meno di una trentina di miglia prima di raggiungere il Lago Śniardwy — il più esteso — e quindi inanellare una virata su Mikołajki per rimettere la prua del DG-1001E (I-PACE) di nuovo verso Szymany.

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Alla fine un'oretta di silenzio, quasi di "sospensione" dell'anima, solo il rumore delle ali che tagliano il vento, leggerezza ed energia. È così bello — e sono così inesperto, ancora — che all'atterraggio, mi preoccupo di gestire più il forte vento da destra che la correttezza della flare. E do una culata indegna.
Pazienza: il ruotino di coda per fortuna regge e anche questa terza puntata del raid WoN (Wonders of Nature) l'abbiamo scavallata.

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Comunque, dopo le due esperienze precedenti, si dice basta a sacchi a pelo, falò, griglie, e fornelletti vari.
Di buoni alberghi non ne mancano. E soprattutto, qua intorno, non mancano trattorie dove andarsi a gustare un bel fritto a base di coregone — il coregone bianco, lo 'sielawa bałtycka', come lo chiamano loro.


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Mi spiace per curiosi e voyeurs che non potranno sbirciare dentro la nostra tenda: si consolassero — se gli basta — con un po' di Pink Floyd (a colonna sonora, en passant, del video sopra...).
 

Fabiani

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WoN#04 — VESUVIO/M.TE SOMMA 🇮🇹

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Bisogna avere discreti agganci per poter sorvolare a bassa quota le case del Vomero e di Posillipo. Figuriamoci per entrare nello spazio aereo ‹P-Vesuvio› che sarebbe, teoricamente, interdetto.
Ma — almeno nel simulatore — le conoscenze in Municipio, in Regione, in Prefettura, al Ministero della Difesa e con Don Raffae' non mi mancano. Certo, ci vuole un po' di pelo sullo stomaco a fare domanda, ma io — per parafrasare l'immortale principe De Curtis — «ce lo ebbi, modestamente...».
Del resto, dare un'occhiata dall'alto alla Riserva di Biosfera “Somma Vesuvio e Miglio d’Oro”, vale ogni sforzo possibile perché, in poco più di mezz'ora di volo, ti si riempiono gli occhi di così tanta bellezza naturale e di storia e di cultura e di architettura che non capisci più se quel vorticare dei tuoi pensieri è causato dal forte vento di sudest, dalla Sindrome di Stendhal o dall'eccesso di limoncello di Sorrento.

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La Riserva — inserita nella rete MaB (‹Man and the Biosphere›) dell'UNESCO nel 1997 — include il territorio del Parco Nazionale del Vesuvio e la fascia costiera circostante, comprese le zone archeologiche di Pompei e di Ercolano.
Il Somma–Vesuvio è il complesso vulcanico ancora attivo più importante dell'Europa continentale. Situato nella Piana Campana, è costituito da due strutture morfologicamente ben distinguibili: la caldera del Somma e il Gran Cono del Vesuvio. La prima, di forma semicircolare, raggiunge la sua massima altezza con Punta Nasone (1132 m.) e rappresenta quello che resta dell’antico vulcano, la cui attività risale ad almeno 300.000 anni fa, mentre il Gran Cono del Vesuvio (1281 m.) — più volte distrutto e ricostruito nel corso delle eruzioni antiche e recenti — rientra in una vasta depressione, la Valle del Gigante, che rappresenta la parte interna residua dell'antica caldera.
Trattandosi di uno dei territori a più alto rischio vulcanico della Terra è evidente la necessità di un'attenzione e di una tutela che vada oltre le finalità istitutive tradizionali. E che accetti la sfida di dover gestire un’area densamente popolata, con al suo interno un vulcano attivo tra i più pericolosi al mondo: una vera e propria “isola” al centro di una delle più grandi aree metropolitane italiane che sta lentamente recuperando la sua straordinaria specificità, trasformando la percezione collettiva del complesso vulcanico — identificato per lo più come un rischio — in straordinaria risorsa per la presenza di un patrimonio naturalistico, storico e culturale di inestimabile valore.


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Insomma — ciò considerato — niente più impedisce a me, all'assistente copilota/fotografa e alla pastora Malinois Pale (che dormicchia nella lussuosa cabina dell'H-160), di sollevare i carrelli da una piazzola di LIRN, Napoli-Capodichino, in un chiaro, tardo pomeriggio ormai quasi primaverile. Fatto il pelo alle alture del Vomero, ci riabbassiamo per dare un'occhiata a quel 'Palazzo Palladini' (in realtà Villa Volpicelli) — ormai icona sacra per i seguaci del televisivo "Un Posto al Sole" — per poi virare secchi sulle parti di Castel dell'Ovo e Piazza del Plebiscito.


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Il Museo Ferroviario di Pietrarsa ci introduce alla strada che collegava la Reggia di Napoli con quella di Portici, costellata da quelle sontuose ville sette-ottocentesche che l'hanno fatta conoscere come il “Miglio d’Oro”. Ecco, appunto, la piccola ma splendida Reggia di Portici e subito dopo l'area archeologica di Ercolano. All'altezza dell'alto muraglione che fa da lungo molo a Torre del Greco, puntiamo su ciò che resta — tanto e affascinante — della Pompēii dell'anno 79.

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Poi non rimane che affrontare il Somma e il Vesuvio, prima di rientrare finalmente a Capodichino, col Sole che sta per tuffarsi nel Golfo.

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Per il consueto consiglio gastronomico, da queste parti, parlare di 'Pizza' sarebbe fin troppo scontato.
E allora — e senza ricorrere alle dritte delle citate "amicizie" locali — so già da me che la vera ricerca da fare è in realtà quella di trovare un posto dove preparino, con le dovute maniere, l'inarrivabile 'pasta patate e provola'.
Ce verimm'...

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Fabiani

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WoW#05 — 🇯🇴 Petrāʾ, Ḍānā, Wādī āl-Mūǧib

Il Mar Morto (البحر الميت‎ | āl-Bahr āl-Mayitu; ים המלח | Yam ha-Melah in ebraico, letteralmente: «Mare di Sale») si trova nella depressione più profonda della Terra e si è generato, nei millenni, per effetto dell'evaporazione dell'acqua marina. Evaporazione talmente forte da determinarne un tasso di salinità di oltre dieci volte superiore a quello medio degli Oceani e tale da non consentire forme di vita, fatta eccezione per alcuni tipi di batteri.
È suddiviso in due distinti bacini: quello superiore, di profondità elevate e quello inferiore, nel quale l'acqua non supera mai i due metri. E che attualmente, anzi, è quasi prosciugato perché le sue estesissime saline sono sfruttate, tanto da Israele quanto dalla Giordania (di cui per circa 90 chilometri il Mar Morto determina il confine), per la produzione di cloruro e carbonato di potassio.

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Le mete naturalistiche e monumentali del mio raid odierno sono tutte in Giordania, ma scelgo di partire da Israele: il Bar Yehuda (LLMZ, talvolta noto come Aeroporto di Masada) è un piccolo scalo desertico rimarchevole solo per un fatto: situato a -1240 piedi (ovvero 378 metri sotto il livello del mare) è l'aeroporto "più basso" del mondo. E adocchiare l'indicatore di altitudine che sta quasi alla tacca ‹-13› è una tentazione alla quale non resisto...

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...ci alziamo dunque — io, la mia assistente/fotografa tunisina Marwa e la cana Pale che sonnecchia sul divano passeggeri — ancor prima che sia il Sole ad alzarsi dietro le alture oltre il Mar Morto e puntiamo verso sud per una sessantina di miglia, sorvolando oasi e kibbutzim. Quindi, prua verso la Wādī Musa (letteralmente «Valle di Mosé»), tra le cui rocce è incastonata Petrāʾ.

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Il nome Petrāʾ deriva dal greco πέτρα, «roccia», ma due millenni fa era conosciuta come Raqmū, ovvero «la Variopinta»: come la chiamavano nella loro lingua i Nabatei, popolo assai evoluto di guerrieri e commercianti, la cui diramata rete mercantile metteva in comunicazione il sud della Penisola Araba con il Mediterraneo. Verso l'VIII secolo Petra, in seguito alla decadenza dei commerci e a catastrofi naturali, venne abbandonata e — benché le antiche cavità abbiano continuato a dare riparo a tribù beduine locali — fu in un certo senso dimenticata fino all'epoca moderna.

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Il complesso archeologico è stato infatti rivelato al mondo occidentale ai primi dell'800, è stato dichiarato Patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO nel 1985 e dal 2007 è inserito tra le ‹7 Meraviglie del Mondo Moderno›.

Risalendo verso nord incontriamo poi la Riserva della Biosfera di Ḍānā — la più grande della Giordania — che dai 1500 metri dell'Altopiano di Qādisiyya scende fino al deserto della Wādī ʻAraba. Quella di Ḍānā è l'unico caso di riserva naturale ad attraversare quattro zone bio-geografiche (mediterranea, irano-turanica, saharo-araba e sudanese) e tra le sue centinaia di specie di piante autoctone ve ne sono alcune che non si trovano in nessun'altra parte del mondo.

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Ancora più a nord — tra quei picchi che al nostro decollo coprivano l'alba — si estende un'altra riserva naturale. È una profonda gola, incuneata nel bacino più salato della Terra, che fa da palcoscenico a una magnifica biodiversità.
È la Wādī āl-Mūǧib, nella quale oltre trecento specie di piante, dieci specie di carnivori e numerose specie di uccelli trovano tra quelle falesie di arenaria il loro habitat ideale.

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E alla fine ecco ʻAmmān che — forse perché non sono ancora le 8 di mattina — mi dà un sorprendente, umidissimo e nebbioso benvenuto.
La capitale giordana è nota per essere stata fondata, come Roma, su sette colli. Oggi, la zona — estesa tra gli 800 e i 1000 metri di altitudine — dove vivono i suoi oltre 4 milioni di abitanti, di colli ne copre diciannove.

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Dopo aver sorvolato ʻAmmān, punto di nuovo il muso verso sud dove a circa 30 chilometri c'è il Queen ʻAlyā International Airport (OJAI).
Sapendo che lo scalo fu dedicato alla terza moglie di Re Husseīn — la quale, poveretta, morì nel 1977 proprio in un incidente elicotteristico — nel poggiare a terra i carrelli dell'H-160, destreggio un po' le mani tra ciclico, collettivo e anche qualche gesto apotropaico (non si può mai sapere... 😑)

A questo punto è mattina ed è anche periodo di Ramaḍān: per rispetto della mia amica Marwa e dei cittadini di ʻAmmān, di mangiare se ne parla solo dopo il tramonto.
E quando finalmente è ora di cena — questa volta però per rispetto dei miei trigliceridi e dei poveri agnellini — ricuso i succulenti piatti a base di carne (tipo il 'mansaf' o la 'maqluba'), propendendo per ottime pietanze a base di ceci (gli anche da noi noti 'hummus' e 'falāfel') e per il 'mutabal': un dip di melanzane affumicate e amalgamate con 'tahini', aglio e succo di limone. Una vera esplosione di sapori per il palato!

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Ma soprattutto — siccome sono affamato, stanco e mi voglio coccolare — mi sparo due porzioni di 'knāfāʾ': un dessert delizioso (e molto calorico...🥹), fatto di sottili e croccanti filamenti di semola ripieni di formaggio dolce filante, cosparsi di sciroppo profumato alla rosa e di pistacchi tritati.

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Nota: già dal precedente volo ci eravamo allargati (dalle meraviglie naturali, il Vesuvio, a quelle storico-monumentali, Pompei). E poiché, anche stavolta, ai parchi naturali ci abbiamo aggiunto Petrāʾ, i raid della serie da «WoN» - Wonders of Nature si chiameranno d'ora in poi «WoW» - Wonders of World.
 

Fabiani

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WoW#06 — Roma, Colosseo (Amphitheatrum Flavium) 🇮🇹

Ho deciso: se nella mia prossima vita non sarò sufficientemente bravo e ricco da prendere l'agognato brevetto PPL, spero di avere abbastanza risorse per raggiungere almeno quello ULM.
Eh sì, perché questi trabiccoli tricicli con l'ala di tela, nella loro essenzialità hanno l'aria di dare parecchie soddisfazioni a volarci su.
E fatte salve le eventualità di vertigini e di conati di vomito da mal d'aria, sembrano essere assai divertenti; soprattutto — mi si passi l'espressione, un po' ardita — sono quanto di meglio ci possa essere per tirare fuori l'uccello che è in noi...

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Certo, nella realtà, non so quanto sia possibile — pur con tutte le aderenze politiche e militari immaginabili — avere la libertà di svolazzare a un po' più di 100 metri di altezza su città e monumenti, in barba a divieti, zone interdette e misure di sicurezza.
Ma siccome qui siamo su MSFS e dobbiamo svolgere la buona azione di documentare le ‹WoW› (Wonders of the World) segnalate dall'UNESCO, quelle libertà ce le prendiamo volentieri e... «cieli sgombri!» (Qui a Roma avrebbe anche potuto essere "e... «sticazzi!»", ma mi sa che non si può scrivere).

Il trike Tanarg è un ultraleggero progettato e prodotto dalla francese Air Creation, dotato di un'ala alta BioniX in stile deltaplano di 9,85 m. di apertura, rinforzata con cavi e supportata da un unico montante a tubo, con una barra di controllo dello spostamento del peso del telaio ad "A". La cabina aperta — per pilota più passeggero — è realizzata, come il telaio, in alluminio e con pannelli in fibra di carbonio.
È spinto da un motore quattro cilindri, raffreddato ad aria e a liquido, quattro tempi, doppia accensione Rotax 912ULS da 100 CV (75 kW).
Dotato — in caso di malaugurate emergenze — di un paracadute balistico, il Tanarg ha un peso a vuoto di 249 Kg. e una capacità di carico utile di ulteriori 183 Kg. per pilota e passeggero, considerando anche i circa 40 Kg. per il pieno di carburante di 70 litri.


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Lo utilizziamo, in questo nostro sesto volo attorno alle WoW, partendo dallo Stadio dei Marmi al Foro Italico, in uno splendido pomeriggio di primavera. Seguiamo per un po' il corso del Tevere e, all'altezza di Castel Sant'Angelo (buttando un occhio sacro alla Basilica di San Pietro e uno profano a Piazza Navona), pieghiamo verso il Centro.
Seppure da qui l'ingombrante, bianco miscuglio neoclassico-rinascimentale-barocco dell'Altare della Patria quasi la impalli, eccola laggiù la meta principale del nostro volo odierno: il Colosseo.

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L'Amphitheatrum Flavium è il più grande anfiteatro romano del mondo (in grado di contenere un numero di spettatori stimato tra 50.000 e gli 80.000), nonché il più imponente monumento dell'antica Roma giunto fino a noi. Inserito nel 1980 — insieme all'intero Centro storico della Capitale — nella lista dei Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO, è l'unico monumento europeo a essere stato inserito fra le ‹Nuove 7 Meraviglie del Mondo› a seguito di un concorso organizzato da New Open World Corporation (NOWC).
La sua costruzione, iniziata dall'Imperatore Vespasiano nel 70, fu conclusa da Tito che lo inaugurò il 21 Aprile di dieci anni dopo.
L'edificio forma un ovale policentrico di 527 metri (187x156 m.) di perimetro e l'arena interna copre una superficie di 3.357 m². L'altezza attuale raggiunge 48 metri, ma originariamente arrivava a 52.

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Dopo avere girato un paio di volte attorno all'imponente monumento, ritorniamo sui nostri passi, non perdendo l'occasione del punto di vista privilegiato e particolare su Foro e Campidoglio, sui palazzi della "politica" e infine su Piazza del Popolo.

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Al di qua della dell'omonima Porta è Via del Corso, al di là è Via Flaminia. E la Flaminia — e poi la Cassia — sono ottime Consolari per guidarci verso il Lago di Bracciano.

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Raggiunto il grande cratere azzurro (che resta tutt'oggi uno dei fondamentali bacini idrici di Roma) ci mettiamo contro vento per planare sani, salvi e un po' infreddoliti sull'Aviosuperficie ‹Santo Stefano› (IT-0437).

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Siamo nel territorio del comune di Anguillara Sabazia — solo Anguillara, per gli amici... — il cui centro abitato, affacciato sulla costa sud del lago, oltre ad assere pittoresco e accogliente almeno quanto Trevignano a nord e Bracciano a ovest, è pieno di posticini che conosco: trattorie dove, a esclusione dei periodi di ferma biologica, si può gustare uno strepitoso coregone alla brace.
Allora, pigliamo su Pale — che ci aspetta scodinzolante al bordo del campo-volo — e con gli amici si va a cena da 'Nonna Carolina'.

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WoW#07 — Cape Town, Table Mountain 🇿🇦

Chissà che emozioni provò Bartolomeo Diaz quando, nel 1487 con la sua ‹São Cristóvão›, per primo doppiò il Capo di Buona Speranza. Ho ben presente, invece, quel po' di smarrimento da «finis terræ» che pervade me nel farlo (seppure seduto davanti al sim!...) cinquecentotrentasette anni dopo. Ma non posso farmi sopraffare più di tanto, perché tutta la mia attenzione deve essere diretta a evitare che l'R-66 ‹Eretico› sia sballottolato dal vento, lì dove il Dio Ōkeanós mischia l'Atlantico con l'Indiano.

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Per questo settimo ciak delle Wonders of World - UNESCO, stiamo volando attorno al Capo di Buona Speranza: tutta la regione attorno, 7700 ettari lungo 40 chilometri di costa, è una riserva naturale — la ‹Cape of Good Hope Nature Reserve›, appunto — habitat ideale per numerose specie animali, dagli struzzi alle antilopi, dagli gnu ai facoceri, ai babbuini. Ma soprattutto la Riserva è il regno del fynbos — equivalente afrikaans dell'inglese «fine bush»: boscaglia sottile — ovvero quella vegetazione arbustiva tipica che, pur essendo costituita in gran parte di specie endemiche di quest'altra parte del mondo, presenta diverse analogie con la nostra macchia mediterranea.


Ma il Capo è soltanto un doveroso waypoint: oggi effettivamente i pattini dell'‹Eretico› li abbiamo sollevati dalla piazzola del Cape Town Waterfront Hangar Heliport [FAC1] per andare a ripoggiarli sulla vetta della Table Mountain.

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Considerata una delle formazioni più antiche del mondo — le sue origini risalgono a circa 520 milioni di anni fa: antecedenti sia all’Himalaya che alle Alpi — con i suoi 1.085 metri di altitudine non rientra nella lista delle montagne più alte, ma sicuramente ha fatto breccia nel cuore di Cape Town, diventandone l’icona indiscussa. La sua forma unica a punta-piatta è visibile da ogni angolo della capitale sudafricana e ogni anno attira milioni di visitatori.

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E noi non ci possiamo esimere da questa visita. Anzi, ci campeggiamo pure.
Il vino di queste parti è buonissimo e scalda le sere australi che cominciano a farsi fresche. Pale scodinzola mentre prepariamo il ‹Bobotie›, insolito e delizioso pasticcio di carne speziato, dolce e salato insieme, cucinato anche con zucchero e mirtilli.
E da qui, il tramonto è strepitoso.

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WoW#08 — Kilimanjaro & Tarangire 🇹🇿
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È "il Tetto dell'Africa" ovviamente, ma non solo. E oltre a essere uno dei vulcani più alti del pianeta, è anche la montagna singola più alta del mondo.
Già poco dopo avere preso quota da Nairobi — la capitale del Kenya (Jomo Kenyatta Int.l Arpt - HKJK) — e orientata verso sud la prua del mio ‹Eretico› PC-6, riesco a intravedere la sagoma del gigante.


Sagoma che diviene sempre più precisa dopo neanche un'oretta di volo quando, superato il confine Kenya/Tanzania, sorvoliamo i 756 Km² del Kilimanjaro National Park, ovvero l'area montana sopra la linea degli alberi (~2700 m), aperta al pubblico nel 1977 e dichiarata Patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO dieci anni dopo.
Nonostante qualche fronte nuvoloso, passando sopra "la Sella" — una piattaforma che costituisce la più estesa tundra di altura del continente e in cui, a 5895 m, si apre il cratere più alto, Kibo — la visibilità è più che buona e non ci sfugge il ghiacciaio perenne che in buona parte la riveste.

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Poi virata verso est: e per una quarantina di miglia sono solo (come scrisse Mogol) "discese ardite", senza risalite. L'azzurro del piccolo lago di Duluti, a sinistra, e i quasi quattromila e seicento metri di altitudine del Monte Meru, a destra, ci accolgono prima di arrivare ad Arusha — terza città per importanza della Tanzania, dopo Dār as-Salām e Mwanza — e sul cui centro faccio un giretto a bassa quota...
...ah, sì perché — avevo dimenticato di scriverlo all'inizio — sono partito dallo ‹Jomo Kenyatta› proprio perché è lì che sono andato a imbarcare Rakel, la mia amica di origine Masai. La quale è kenyana di Nairobi ma ha anche vissuto ad Arusha in Tanzania. Bé, insomma: credo che guida migliore non potessi sceglierla per questo mio ottavo raid delle WoW!

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La meta finale non è comunque Arusha, né il suo Aeroporto (HTAR), che mi limito a prendere come waypoint per puntare verso l'aviosuperficie privata del lussuoso Maramboi Tented Lodge, attestato nel cuore del Tarangire National Park, sulle rive del lago Manyara.
Ma prima di atterrare facciamo un giro del Parco, tutt'attorno al lago. Non famoso come il Serengeti, il Tarangire vanta però un paesaggio meno arido, fatto non solo di estese paludi e pianure alluvionali, ma anche di boschi.
Soprattutto durante la stagione secca, il Parco ospita numerosi animali. Certo, la turboelica Pratt & Whitney del PC-6 deve essere bella molesta per loro (e me ne scuso): quasi tutti — gli uccelli per primi naturalmente — se la squagliano; ma qualche giraffa, un po' di elefanti e persino un pacioso rinoceronte riusciamo a vederli.
Infine — come dicevo — la "pista" di atterraggio del Maramboi.

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Ci arrivo dal lago e ci atterro come un "pinguino" alle prime armi (del resto, che ci fa un pinguino nella savana?) e poi dopo, subito a cena.
Consiglio di Rakel, che delle cose da mangiare qui se ne intende: 'Pilau'.
Ovvero riso, con carne e verdure; ma il segreto è nella saggia dosatura delle tante spezie: dallo zenzero alla cannella, dal pepe al cumino, dall'aglio alla cipolla, dal cardamomo, ai chiodi di garofano, al latte di cocco.
Infine — come dicevo — la "pista" di atterraggio del Maramboi. Ci arrivo dal lago e ci atterro come un "pinguino" alle prime armi (del resto, che ci fa un pinguino nella savana?) e poi dopo, subito a cena.
Consiglio di Rakel, che delle cose da mangiare qui se ne intende: 'Pilau'. Ovvero riso, con carne e verdure; ma il segreto è nella saggia dosatura delle tante spezie: dallo zenzero alla cannella, dal pepe al cumino, dall'aglio alla cipolla, dal cardamomo, ai chiodi di garofano, al latte di cocco.

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Fabiani

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Ah che bel viaggio: complimenti.
La fauna è quella di default del simulatore. La trovi facilmente attivando i relativi segnali dalle impostazioni.
 
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