MSFS EURO HELI TOUR SOLO '23 — Da Reykjavik a Roma-Urbe in 49 mosse + 1

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14^ tappa
🇺🇦 Ivano-Frankivs'k UKLI - LUKK Chișinău 🇲🇩
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Sinceramente poco significativo questo trasferimento da Ivano-Frankivs'k, Ucraina occidentale, a Chișinău, capitale della: 224 miglia in direzione sud-est, percorse in un'ora e tre quarti, sotto un cielo plumbeo e freddo.

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Oltre a essere — dal fatidico 1991, anno della dissoluzione dell'URSS — capitale della Repubblica di Moldavia, Chișinău ne è anche il centro più popoloso (circa 650.000 abitanti) e si vanta oggi, con i suoi numerosi parchi pubblici, di essere una delle città più verdi d'Europa.
Sviluppatasi nel XV secolo sulle rive del fiume Bîc, un affluente del Dnestr; l'acqua è comunque nel destino della città — il cui nome risalirebbe alla crasi di due parole del romeno arcaico: "chișla-nouă", ossia "sorgente nuova" — visto anche che la leggenda narra di un'originaria edificazione di una chiesa ortodossa da parte di alcuni monaci nei pressi di una fonte quale incentivo alla fondazione del futuro centro abitato.


Molto altro da dire e da vedere non c'è. Tanto vale rilassarsi nella spa dell'ottimo Berd’s Design Hotel; andare poi a vedere se in qualche ristorante cucinano degnamente una delle rare specialità locali, il "Piept de Rață" (un petto d'anatra arrostito, condito con salsa all'uva e purea di sedano affumicato). Ah... a proposito di condimento, per dare un po' di allegria al tutto, la clip — un minutino in tutto, giusto a testimonianza delle manovre di decollo da Ivano-Frankivs'k e di atterraggio a Chișinău — le ho commentate con un pezzo di puro rock moldavo, scatenatamente suonato dal gruppo degli Zdob și Zdub (se li conosci, li eviti; ovviamente).

AEROPORTO DI CHIŞINĂU / LUKK
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CHIŞINĂU
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CHIŞINĂU
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CHIŞINĂU, BERD'S DESIGN HOTEL
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15^ tappa
🇲🇩 Chișinău LUKK - LRBS București, Băneasa 🇷🇴
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Est/Sud-Est è la direzione che — decollato dall'Aeroporto Internazionale di Chișinău — devo seguire per sorvolare il confine ed entrare nella regione della Moldova rumena. Sotto al mio AH145 (codificato I-AURF) scorre, per una novantina di miglia, una terra tranquilla e uniforme, del tutto simile per conformazione orografica oltre che per denominazione. Più in là, sotto ai pattini dell'elicottero cominciano a elevarsi i Carpazi orientali e la storia cambia.


È però all'incirca all'altezza di Brașov — il cui centro storico, incastonato e collegato al Monte Tâmpa con una panoramica funicolare, merita senz'altro uno sguardo [0'30"] — che le alture del terzo più lungo gruppo montuoso europeo cominciano a dominare la scena.
Siamo ormai in Transilvania e poco distante, stando da queste parti, un "inchino" alle guglie di Bran [0'50"] — conosciuto per essere il «Castello di Dracula» — appare doveroso.

E forse, a questo punto, è doveroso anche aprire una parentesi storica: nel XV secolo, da queste parti del nostro continente, l'impalamento — introdotto dai tartari e dai turchi — era largamente praticato quale condanna alternativa al taglio della testa, privilegio tradizionalmente riservato ai boiardi; e all'impiccagione, con cui di solito si punivano i borghesi.
Intorno alla metà del secolo, nella fortificazione di Bran si insediò Vlad III, voivoda di Valacchia e membro della Casa dei Drăculești. Notizie precisissime su questo signore non se hanno molte: probabilmente, a modo suo, doveva essere un sostenitore dell'eguaglianza giuridica se è vero, come è vero, che abolì del tutto dette distinzioni, facendo impalare chiunque secondo lui meritasse la pena di morte e passando così alla storia come Vlad Țepeș ("l'Impalatore"). Che Vlad, comunque, non fosse un tipo particolarmente ameno lo tramandano anche diverse dicerie riguardo ad altre sue discutibili tradizioni, compresa quella di banchettare, sorseggiando con calici ricolmi del sangue delle sue vittime.
Da qui, il passo verso il mito folcloristico dei vampiri è stato breve; e una grossa mano gliela ha di certo data il romanzo «Dracula» di Bram Stoker che alla fine dell'800 prese spunto proprio dal Castello di Bran per ambientare la storia del suo protagonista. E dando così la stura a oltre un centinaio di film e produzioni televisive legate, direttamente o indirettamente al libro dell'autore irlandese. Il risultato è che oggi, questo piccolo centro della Transilvania si è trasformato in un sorta di molto redditizio circo permanente per adulti e bambini attratti dal genere "horror-gotico". Chiusa la parentesi.

BRAŞOV
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IL CASTELLO DI BRAN
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PARCO NAZIONALE DEL BUCEGI
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CASTELLO DI PELEŞ
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VALLE DEL PRAHOVA
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AEROPORTO "AUREL VLAICU", BUCUREŞTI - BĂNEASA (LRBS)
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Sorvolata Bran, le cime dei Carpazi si fanno ben più erte: per superare i monti che ospitano il Parco Naturale del Bucegi bisogna volare oltre gli 8000 piedi (2500 m/slm). Poi in picchiata verso Sinaia, per buttare l'occhio a un altro famoso castello — quello di Peleș, sfarzoso "casino di caccia" fatto costruire da Re Carlo I di Romania nella seconda metà dell'800 [si scorge in mezzo al bosco a 1'15"] — e infine imboccare l'ultima parte della lunga Valle del Prahova, culla del turismo montano e sportivo rumeno.
Proseguendo la rotta verso sud, la valle mi accompagna alle porte del distretto della capitale. Incrocio innanzitutto le piste dell'Aeroporto Internazionale 'Henri Coandă' a Otopeni, per essere in vista, poche miglia dopo, del Băneasa la cui scuola di volo, sorta nel 1912, ne fa l'aeroporto più antico dell'Europa orientale; e dal 2012 riservato al solo traffico business.
È la mia meta di oggi: atterro facendo alzare un velo di neve e rimando il giro su București all'inizio della prossima tappa.
Cieli sgombri!
 
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16^ tappa
🇷🇴 București, Otopeni LROP - LBWN Varna 🇧🇬
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Per la prima volta in questo Tour decollo da un aeroporto differente da quello in cui ero atterrato: lascio infatti Bucarest dal moderno scalo di Otopeni — anziché dallo storico Băneasa — e approfitto del meteo favorevole (finalmente si è sollevata la nebbia!) per sorvolare un po' a bassa quota il centro della capitale rumena.


Poi, una venticinquina di miglia a sud est, novello Cesare, traggo il dado e attraverso il Danubio all'altezza dell'isola di Kosuy, zona protetta del Parco Naturale di Ostrov Pozharevo. Il secondo fiume più lungo d'Europa marca tre quarti del confine tra Romania e Bulgaria e mi prepara all'incontro col Mar Nero e quindi con con Varna (Варна), la mia meta odierna.

PARCO NATURALE DI OSTROV POZHAREVO
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Porto strategico fondato dai Greci nel V secolo a.C., sfruttando anche una laguna di grande ampiezza formata dalla foce di più corsi d'acqua, la "Perla del Mar Nero" — terza città della Bulgaria — vive oggi fondamentalmente del turismo che gravita nei resort di Zlatni Pjasăci (Златни пясъци, "Sabbie d'Oro") e delle altre località costiere immediatamente adiacenti.
Dal punto di vista storico la città vanta poi un'attrattiva formidabile, essendo qui stato scoperto — in una delle necropoli preistoriche del Calcolitico (databili tra il 4600 e il 4200 a.C.) — l'"Oro di Varna", il più antico tesoro in oro del mondo, oggi conservato nel locale Museo Archologico.

AEROPORTO DI VARNA / LBWN
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VARNA
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VARNA
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VARNA, MUSEO ARCHEOLOGICO
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Non sono tuttavia in vena di antichità per quanto riguarda il mio soggiorno. Mentre l'AH145 riposa in un piazzola dell'aeroporto, io opto per il modernissimo Graffit-Gallery Design Hotel e la sua strepitosa piscina coperta. La tradizione, però, torna a essere rispettata per cena: imperdibile una Patatnik bulgara, che sarà pure solo una specie di frittata; ma le patate grattugiate, il formaggio, la cipolla, la menta e le altre spezie con cui è cotta (servita con yogurt bianco naturale e verdure bollite a contorno) la rendono un piatto sopraffino.

GRAFFIT-GALLERY DESIGN HOTEL, VARNA
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"PATATNIK"
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«♪ ♫ Oh, Susanna, don’t you cry for me | Cos’ I come from Alabama | With my banjo on my knee ♫ ♪ »: bè, non starò arrivando a Varna dall'Alabama, ma una piuttosto rara versione di "Oh, Susanna" cantata a cappella dal suggestivo coro delle 'Voci Bulgare' mi è parsa opportuna...
 
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17^ tappa
🇧🇬 Varna LBWN - LTBW İstanbul, Hezârfen 🇹🇷
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«Chi guarda Genova | sappia che Genova | si vede solo dal mare», canta Ivano Fossati.
A Istanbul — che con Genova, pure, qualche legame ce l'ha — invece è il contrario. E se hai l'accortezza di arrivarci nella seconda parte di un pomeriggio sereno, seguendo la rotta Nord-Est/Sud-Ovest, l'esibizione dorata che il Sole offre riflettendosi sull'acqua è abbacinante e indimenticabile.


Proprio per godermi questo spettacolo, ero partito poco più di un'ora prima dall'Aeroporto Internazionale di Varna avendo sempre a vista, sulla destra, la costa del Mar Nero; poi all'altezza del Capo di Rumelifeneri mi sono infilato in quello che qui chiamano l'İstanbul Boğazı, il Bosforo — lo stretto che unisce il Mar Nero al Mare di Marmara ma che anche divide la Tracia dall'Anatolia, l'Europa dall'Asia, l'Occidente dall'Oriente — per seguirne il corso e sorvolare il cuore della sterminata megalopoli turca.
Con una popolazione di oltre quindici milioni di abitanti, Istanbul è infatti oggi il centro municipale più popoloso d'Europa, dopo essere stata la capitale di ben quattro imperi e restando sempre crocevia imprescindibile di culture e costumi diversi.
Il benvenuto me lo dà l'ardito ponte sospeso, sotto cui intravedo l'elegante struttura della Moschea di Ortaköy.

MOSCHEA DI ORTAKÖY
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Poi, lasciati alle spalle i grattacieli della zona direzionale di Zeytinburnu, in un soffio sono sull'Haliç — il "Corno d'Oro", appunto — l'estuario sulla cui sponda nord si è insediata nel XIII secolo la colonia genovese di Pera-Galata. Ecco la famosa Torre; e al di là del lungo ponte, sull'altra sponda, ciò che resta oggi (tanto e bello...) dell'antica Bisanzio: il Kapalı Çarşı, il Gran Bāzār di Istanbul; o i sei minareti della Sultanahmet Câmii, la Moschea Blu; o la cupola di quella che fu una delle più straordinarie basiliche bizantine, Santa Sofia, oggi trasformata nella moschea di Ayasofya-i Kebîr-i Şerîfi; o il Palazzo di Topkapı, sede del famoso museo e custodia degli ottantasei carati del Kaşıkçı Elması, il "Diamante del Cucchiaio".

ISTANBUL, TORRE DI GALATA
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ISTANBUL, SULTANHAMET (LA "MOSCHEA BLU")
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ISTANBUL (MUSEO TOPKAPI), IL "DIAMANTE DEL CUCCHIAIO"
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Da lì faccio prua verso Ovest, sorvolo l'Aeroporto Internazionale 'Atatürk' / LTBA — che non è la mia destinazione di oggi (né può esserla il più moderno 'Sabiha Gokçen' / LTFJ, costruito nel 2009 nella parte asiatica di Istanbul, a una quarantina di chilometri dal centro cittadino) — e vado infine a poggiare i pattini dell'AH145 sulla piazzola del più piccolo Aeroporto di Hezârfen / LTBW, adagiato sul Lago Büyükçekmece.

ISTANBUL, MÖVENPICK-BOSPHURUS HOTEL
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Il sole sta quasi tramontando, ormai. Per ritornare verso il centro della città ci sono da fare quasi cinquanta chilometri di autostrada, prima di andarsi a coccolare in qualche comoda stanza del Mövenpick-Bosphorus Hotel.
Poi domani, col giorno, mi dedicherò ad alcune cose che cerco di non farmi mancare quando passo da queste parti: bagno e massaggi allo storico Hamam Tarihi (in funzione a Galatasaray dal 1481); gustarmi del food-street locale (assolutamente da non perdere i "midye tava", spiedini di cozze impanate e fritte...).
E passare a Laleli Caddesi, davanti alle vetrine di uno dei migliori negozi di abbigliamento sportivo della città, con cui non condivido la proprietà ma, se non altro, almeno il cognome.

ISTANBUL, HAMAM TARIHI
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MIDYE TAVA
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ISTANBUL (LALELI CADD.), NEGOZIO 'FABIANI'
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18^ tappa
🇹🇷
İstanbul, Hezârfen LTBW - LTAI Antalya
🇹🇷

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Scherzi della geografia: per proseguire nel giro d'Europa in elicottero devo coprire le 312 miglia (circa 578 chilometri) di questa diciottesima tappa pressoché totalmente in territorio asiatico.
La rotta tracciata dal piccolo aeroporto di Hezârfen all'internazionale di Antalya — quasi due ore e mezza volate in barba a un meteo non particolarmente affabile — taglia infatti da nord a sud l'Anatolia occidentale, la macroregione che gli Elleni chimavano ἀνατολή: il ‘luogo dove sorge il sole’, l'‘Oriente’.

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Il paesaggio che scorre sotto è interessante da sbirciare e ogni tanto viene voglia di affidare totalmente il volo al sistema automatico di controllo (AFCS) dell'AH145 per ammirarlo meglio. E sorvolando Eğirdir, protesa su una penisola della sponda sud-occidentale del lago omonimo — uno dei più grandi laghi naturali della Turchia — emerge addirittura qualche arrugginita reminiscenza del liceo.


Eğirdir venne infatti fondata nel VI sec. aC col nome di Krozos, dall'ultimo sovrano della Lidia — Creso, appunto — entrato nella leggenda per essere un tipo alquanto facoltoso: «ricco come un Creso». Ma soprattutto passato alla storia per avere deciso di apporre ai pezzi d'oro coniati da quelle parti il marchio del regno, affinché acquistassero un preciso valore commerciale, imponendoli così come unità di conto e strumento di pagamento, oltreché riserva "ufficiale" di valore posseduto. Sostanzialmente, duemilacinquecento anni fa Creso inventò il ‘denaro’ e divenne il primo capitalista dell'umanità.
Sorpassato il lago di Eğirdir, mi infilo nelle nuvole e scavallo, stando bene attento a non scendere sotto la quota di sicurezza, le alture della catena del Tauro occidentale. Poi è tutta "discesa" verso le coste del Mar di Levante — così si chiama il Mediterraneo orientale — in una corsa contro il tempo, per atterrare all'aeroporto di Antalya prima che il sole tramonti e, soprattutto, prima che si scateni davvero un temporale.
La città — circondata da montagne e foreste e affacciata su una ripida scogliera — si mantiene piuttosto pittoresca, nonostante lo sviluppo edilizio-alberghiero intensivo occorso negli anni settanta che l'hanno fatta diventare la "Capitale" del turismo turco.

EĞIRDIR
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AEROPORTO DI ANTALYA / LTAI
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ANTALYA
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ANTALYA
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ANTALYA, CASCATE DI DÜDEN
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Se ci passate, non dovete mancare una visita al museo archeologico e una passeggiata dalle parti delle cascate di Düden. Se vi fermate, approfittate della galoppante inflazione della Lira Turca per scialare qualche notte da ricchi al Ramada Plaza by Wyndham e — grazie al medesimo incentivo — per permettervi una gustosa cena (di pesce o anche di altro, a seconda dei gusti...) allo strepitoso 7-Mehemet.

RAMADA PLAZA HOTEL, ANTALYA
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RESTORAN 7-MEHMET
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19^ tappa
🇹🇷 Antalya LTBW - LCPH Paphos 🇨🇾
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Lascio l'aeroporto di Antalya in un bel pomeriggio invernale ma assolato per tornare "geograficamente in Europa (ancorché su un'isola).
Il tempo di buttare uno sguardo alla scogliera su cui si affaccia la "Capitale del Turisimo turco" — esattamente all'altezza del Parco di Düden, del quale si intravedono le scenografiche cascate a mare — e poi sono solo 130 miglia di Mediterraneo orientale, fino a scorgere nell'azzurro abbagliante le coste di Cipro.
Nonostante col fracasso del rotore spaventi (ma manco tanto...) frotte di gabbiani, abituali frequentatori di questi lidi, dopo poco meno di un'ora e un quarto di volo tranquillo, la torre di LCPH mi dà ugualmente il permesso di poggiare i pattini in una piazzola del secondo aeroporto internazionale dell'isola.


PAPHOS, FORTEZZA MEDIEVALE
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PAPHOS, SPIAGGIA DI PETRA TOU ROMIOU: QUI AFRODITE È EMERSA DALLE ACQUE...
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PAPHOS, MOSAICO ROMANO
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Paphos (Πάφος / in turco: Baf) sorge all'estremità occidentale di Cipro.
Sito popolato sin dal neolitico, statuine femminili e amuleti risalenti agli inizi del terzo millennio testimoniano come i suoi abitanti adorassero una dea della fertilità, seguendo pratiche già note nell'Egeo e nel medioriente siriaco e fenicio. All'arrivo degli Elleni della terraferma, il mito di una ragazza che emerse nuda dalle onde spumeggianti del mare — αφρός, afros = spuma — s'intrecciò con le credenze più arcaiche e fece di questo piccolo approdo sul mare il principale centro per il culto di Afrodite.
Cipro venne poi conquistata dai Romani nel 58 aC e successivamente Augusto stabilì a Paphos la capitale di quella provincia imperiale. Rimangono ancora, del passato, importanti vestigia — prima fra tutte, le rovine del Palazzo del Governatore, abbellito da splendidi mosaici — e proprio per i suoi famosi resti archeologici, nel 1980 Paphos è stata inserita nell'elenco dei Patrimoni dell'Umanità dell'UNESCO e designata Capitale Europea della Cultura per il 2017.

PAPHOS, VISTA DA UNA CAMERA DELL'«AMAVI HOTEL»
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LE TIPICHE KOUPEPIA CIPRIOTE
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Su Paphos, il noto portale di prenotazione alberghiera cataloga come "adult oriented" il lussuoso Amavi Hotel; e io — per evidenti motivi anagrafici — mi lascio guidare dalla curiosa segnalazione (mi riserveranno peccaminose e piccanti sorprese levantine o semplicemente non saranno tollerate torme di ragazzini urlanti?
🤔
). Comunque non sembra male.
E in uno dei ristoranti dell'albergo, o in qualche altro localetto di Paphos non avrò difficoltà a trovare qualcosa da mettere sotto i denti: kouopepia (come chiamano qui gli involtini di carne, riso e verdura chiusi in una foglia di vite, preparati in tutta l'Europa balcanica e in medioriente), moussaka e mezzo bicchiere di ouzo per digerire, non mancheranno di certo.
 
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20^ tappa
🇨🇾 Paphos LCPH - LGRP Rodos 🇬🇷
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Lascio le coste dell'isola dalle cui acque botticellianamente emerse Venere, per dirigermi verso un'altra isola, Rodi (Ῥόδος), dal blasone importante. In poco meno di 2 ore volate per 230 miglia sulle acque del Mar di Levante, atterro in una piazzola dell'Aeroporto Diagoras / LGRP, aperto nel 1977, uno dei più grandi e trafficati scali della Grecia.
La principale isola del Dodecaneso è anche la più orientale, tra quelle maggiori, nell'Egeo — situata com'è a meno di venti chilometri dalle coste della Turchia — e mi attende, splendida e rilucente, alla luce di un sole invernale ormai basso.


Sorvolandone il porto non posso non pensare che lì, intorno al III secolo aC, venne eretta la statua del dio Helios. Considerata una delle sette meraviglie del mondo antico, alta più di trenta metri e interamente ricoperta di bronzo, ottocento anni dopo — ai tempi della conquista dell'isola da parte degli Arabi — fu tagliata in un numero imprecisato di blocchi e rivenduta a un commerciante ebreo della Siria orientale che probabilmente ne fuse le piastre metalliche.
Se il "Colosso" non c'è più, un altro dei simboli dell'isola fortunatamente è ancora visibile: il cervo. Posto, in pietra, sulle colonne all'imboccatura del porto, vari esemplari di questo splendido animale pascolano al di fuori dei centri abitati, liberi e protetti dalla leggenda di essere stati essi a liberare Rodi dai serpenti.
Abitata fin dalla preistoria, da oltre tre millenni clima, estensione e posizione geografica hanno fatto di Rodi un luogo strategico fondamentale dell'intero bacino mediterraneo.
Isola da conquistare col sangue e invadere, ma anche porto sicuro e vitale per ogni commercio, oltreché saporito e sapiente calderone di mille culture. Micenei e Achei, Macedoni e Persiani, Romani e Bizantini, Genovesi, Arabi, Crociati, Ottomani, Ebrei. E agli inizi del XX secolo (guerra italo-turca del 1912) a Rodi venne persino assegnata la sigla "RD" tra le targhe automobilistiche dell'allora Regno d'Italia.
Dal 1948, infine, Rodi appartiene alla Grecia, formando — con le altre isole del Dodecaneso e delle Cicladi — la Periferia dell'Egeo Meridionale, una delle 13 regioni elleniche.


L'isola è grande, tra il centro principale — dove risiedono oltre la metà dei centoventimila abitanti dell'isola — e i dintorni c'è molto da vedere, sia dal punto di vista archeologico che da quello naturalistico. Ma per queste materie ci sono buone guide.

RODI
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RODI
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RODI
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Io, come al solito, mi limito a segnalare dove dormire bene. Stavolta rinuncio al lusso e vado al più che dignitoso Evdokia, arroccato nel cuore suggestivo di quella città medievale, dichiarata Patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO.
E ovviamente anche cosa mangiare di buono: qui — se avete un insensibile cuore di pietra e propensioni carnivore — potrete soddisfare il palato con un'abbondante porzione di Kleftiko (agnello cotto a lungo al forno a bassa temperatura), magari nella versione avvolta da pasta fillo che fanno alla Taverna Mylos. E poi, il palato, addolcirvelo con un paio di Melamakarona, deliziosi dolcetti all'arancia e al brandy; sono tipici della tradizione natalizia greco-ortodossa ma — anche se un po' fuori tempo massimo — vale la pena assaggiarli.

HOTEL EVKODIA, RODI
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KLEFTIKO
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21^ tappa
🇬🇷 Rodos LGRP - LGAV Athīna 🇬🇷
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Dopo due tappe "isolane" — Cipro e Rodi — si torna sulla terraferma. È sereno quando parto dall'isola del "Colosso" e, vento piuttosto forte a parte (che farà sobbalzare non poco l'elicottero e la telecamera del drone per tutto il volo), si profila un bel pomeriggio per andare a poggiare i pattini al Venizelos di Atene.


Lungo la rotta sull'Egeo — dal Dodecanneso, sorvolando Mykonos e sfiorando molte delle altre numerose, bellisime Cicladi — il meteo, peraltro senza divenire preoccupante, peggiora un po' e il cielo si copre, ingrigendo con una patina cupa il panorama.
Ma poco importa, perché il Tempio di Poseidone suggestivamente arroccato su Capo Sounion, prima, e il porto del Pireo, dopo, mi danno ormai il benvenuto ad Atene, Αθήνα come giustamente se lo scrivono qui.
Non mi resta che usare l'Arena SEF ("Στάδιο Ειρήνης και Φιλίας" / "Stadio Eirinis kai Philias", ovvero lo Stadio della Pace e dell'Amicizia) come punto di riporto per virare verso il centro e vedermerla apparire bianca, distesa e immensa (nella conurbazione senza soluzione di continuità con il Pireo e gli altri comuni della Prefettura vivono più di quattro milioni di persone, ossia grossomodo il trentacinque per cento degli abitanti di tutta la Grecia!).

CAPO SOUNION
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ARENA SEF
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ATENE, L'ACROPOLI E IL LIGAVITOS
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ACROPOLI DI ATENE, L'ERETTEO E LE CARIATIDI
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ATENE, PIAZZA SYNTAGMA
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ATENE, STADIO PANATHINAIKO
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ATHENSWAS HOTEL
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Il Partenone, lo stadio Panathinaiko, piazza Syntagma e lo Zappeion, il Ligavitos: l'AH145 sorvola con noncuranza due colline e tremila anni di storia e cultura. Poi atterra, poco più in là, su una piazzola del General Aviation del principale aeroporto greco.
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Consueti consigli per turisti. Scialate pure per concedervi l'AthensWas Hotel, con le sue camere e il roof-restaurant con viste sul Partenone.
(Non è molto economico; ma tanto qui stiamo simulando!)
 
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22^ tappa
🇬🇷 Athīna LGAV - LGIO Ioànnina 🇬🇷
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Inizialmente avevo programmato un trasferimento da Atene fino a Tirana, ma la rotta VFR — considerando anche la scelta di evitare le cime più elevate della catena del Pindo meridionale — avrebbe previsto una distanza da coprire ben superiore alle trecento miglia e di conseguenza l'assunzione del rischio, francamente inutile, di eccedere i parametri di sicurezza dell'autonomia dell'H145.
E così questa 22^ tappa del mio Euro Heli Tour (Solo) limita la propria corsa a Ioànnina, diventando la seconda di fila volata interamente sul territorio della Grecia.
Decollo da una piazzola dell'area GA dell'LGAV / "Venizelos" e, scavallate le alte colline immediatamente a occidente dell'aeroporto ateniese, lo sguardo può finalmente spaziare sul Pireo e sulla frastagliata costa attica, risplendente nell'assolato pomeriggio invernale.
Il bel tempo mi accompagna per tutto il viaggio (più di 200NM, coperte in 1h40') e la visibilità è ottima, sia quando sorvolo il Trichonida — detto anche Agrinion, il più grande lago naturale della Grecia — sia quando atterro all'LGIO, il "Vasiléus Pýrros" ("Re Pirro") ai piedi di un altro lago, il Pamvótida, su cui sono placidamente distesi sia l'aeroporto che la città di Ioànnina.


LAGO PAMVÓTIDA, NEI PRESSI DI IOÀNNINA
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IOÀNNINA, UNA TIPICA STRADA DELLA CITTÀ VECCHIA
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Ioànnina, è oggi una citta di oltre centomila abitanti ed è di fatto la città più importante della Grecia nordoccidentale.
Conserva ancora alcune strutture artistiche e architettoniche risalenti al periodo della dominazione ottomana (una moschea, i resti di una scuola coranica, un bazar), mentre su una piccola isola del lago sorgono alcuni monasteri ortodossi, chiare testimonianze della sua storia.
La città venne infatti fortificata intorno al X secolo dai Bizantini e ricadde sotto l'influenza della famiglia italiana dei Tocco fino al 1430. In quell'anno i suoi abitanti si arresero pacificamente alle truppe ottomane, guidate dall'ammiraglio Sinanüddin Yusuf Pasha — il Sinàn Capudan Pascià, cantato da De Andrè nell'album "Crêuza de Mä" — che garantì loro diritti e benefici, oltre che la protezione delle proprietà della chiesa locale. Ma nel 1611 una rivolta contro gli Ottomani fu schiacciata dall'albanese Arslan Mataraci Pasha; la chiesa di San Giovanni Battista fu distrutta e i suoi monaci uccisi, i Cristiani Ortodossi si videro revocato ogni privilegio e cacciati dall'area del castello. L'Impero Ottomano perse poi definitivamente Ioànnina quando l'esercito greco occupò la città nel 1913, durante la Prima Guerra Balcanica, possesso che venne definitivamente sancito due anni dopo dal Trattato di Londra.

IOÀNNINA
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Per dormire bene a Ioànnina, vado sul sicuro e scelgo The Lake Hotel dal quale — come suggerisce il nome — si ha uno strepitoso affaccio sul Pamvótida.
Poi, per cena — siccome sono notoriamente pigro — resto nel ristorante dell'albergo: ma dato che alla voce "pesce" non trovo, come mi sarei aspettato, il coregone arrosto, mi oriento su una più salubre insalata patzari, a base di barbabietole, noci, feta e lattuga, condita con profumato olio di olive greco e accompagnata da una pita, morbida e croccante.

THE LAKE HOTEL IOÀNNINA, TERRAZZA SUL LAGO
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23^ Tappa
🇬🇷 Ioànnina LGIO - LWHO Ohrid 🇲🇰
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Da lago a lago: potrebbe essere questa l'insegna da porre sopra questa mia ventitresima tappa dell'Euro Heli Tour. L'Airbus H145 infatti mi porta — dopo novantatre miglia, volate in circa tre quarti d'ora — dalle sponde del piccolo e grazioso Pamvotida (circa 20 Km/q, più o meno il Lago d'Orta) a quelle del ben più vasto ma altrettanto bel Lago di Ohrid (358 Km/q, ossia poco meno della superficie del Garda).
Tecnicamente: dall'Aeroporto Nazionale "Re Pirro"/LGIO di Ioànnina, Grecia all'Aeroporto "San Paolo Apostolo" di Ohrid, Macedonia del Nord.



PANORAMA DI OHRID
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OHRID
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Lago e città di Ohrid — entrambi inclusi dal 1979 nella lista dei Patrimoni dell'Umanità UNESCO — coprono un territorio antichissimo, ricco di storia, sia geologica che umana.
Il lago infatti risale a oltre di un milione di anni, il che ne fa probabilmente il lago più antico d'Europa, oltre che il bacino naturale col maggior numero di specie endemiche del mondo, tra animali e vegetali.
La città [Охрид] ospitò sicuramente insediamenti illirici — quindi almeno a partire dal IX sec. aC — e in seguito ellenici, mentre in età medievale divenne uno dei centri culturali, religiosi e artistici più importanti della Penisola Balcanica e dell'Europa slava: è ritenuta il luogo dove ha avuto origine l'alfabeto cirillico, probabilmente ad opera di San Clemente di Ocrida, che riformò l'antico alfabeto glagolitico creato dai Santi Cirillo e Metodio.
Incorporata nell'Impero Ottomano dalla fine del XIV sec. al 1913, a conclusione delle guerre balcaniche Ohrid divenne parte del moderno Regno di Serbia e in seguito del Regno di Jugoslavia. Dopo la seconda guerra mondiale, la città venne inclusa nella neocostituita Repubblica Socialista di Macedonia, una delle sei repubbliche costituenti la Jugoslavia socialista e federale. E dal novembre 1991 è una città — la nona per numero di abitanti, circa 55 mila — dell'odierna Macedonia del Nord.

OHRID, CITTÀ VECCHIA
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Dal punto di vista turistico, le stradine lastricate della città vecchia di Ohrid regalano una piacevole passeggiata, offrendo le consuete, interessanti suggestioni dei centri storici di questa parte dei Balcani.
Per mangiare, quasi tutte le guide orientano verso il "Kaneo" — effettivamente ben posizionato sulle sponde del lago. Lì, personalmente resterei scettico sulla pur consigliatissima ‹Pastrmka vo Zatrov› (‹Trota Imprigionata›: maccheroncini conditi con un sugo di pomodoro cotto con carne di trota, melanzane, aglio, vino e l'immancabile 'parmesan'), ma magari per 390 Dinari, meno di 7 Euro, va provata.
Meno dubbi, invece, su dove andare a dormire: un po' fuori dal centro c'è un ottimo 4 Stelle, il "Vila Bisera" dalle cui camere si può godere uno strepitoso affaccio sul Lago di Ohrid.

OHRID, RISTORANTE "KANEO" (MENÙ)
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OHRID, VEDUTA DALL'HOTEL "VILA BISERA"
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Fabiani

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24^ tappa
🇲🇰 Ohrid LWHO - LATI Tiranë 🇦🇱
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La distanza che separa il Lago di Ohrid, nella Macedonia del Nord, da Tirana (Tiranë), la capitale dell'Albania non è tanta; e allora — anche per evitare le cime più elevate di questa aspra parte dei balcani sud-occidentali — la prendo un po' larga, seguendo in parte il percorso a ritroso dell'antica via Egnazia: l'importante arteria romana che dall'antica Dyrrachium (oggi Durazzo / Durrës) si snodava fino a Byzantium (la moderna Istanbul).

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E così, dopo un volo di solo una novantina di miglia — senza salire mai oltre quota 4000 piedi, prima sorvolando la piccola gola in cui scorre lo Shkumbin e poi virando di nuovo verso Nord-Est all'altezza del porto di Durazzo — sono in vista dell'aeroporto internazionale di Tirana (LATI). Lo sorvolo in circolo, un po' per rendermi conto della situazione, un po' per ascoltare il controllo di terra avvertire l'A220, volo SWR 778P, di attendere al limite per il decollo. Quindi, una volta avuto l'ok, vado a poggiare i pattini sul "Nënë Tereza" ("Madre Teresa di Calcutta").

TIRANA - INTERNATIONAL AIRPORT "NËNË TEREZA" / LATI
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La capitale dell'Albania, dopo la caduta della Repubblica Popolare Socialista (1991), sta vivendo un periodo di progressivo sviluppo economico, sociale e urbanistico, con la sistemazione di parchi e monumenti, compresa la ricostruzione degli edifici religiosi distrutti durante le varie guerre e sotto il regime comunista.
Oggi, Tirana conserva solo in minima parte l'originale immagine medievale del periodo bizantino. L'impressione è più quella di una città occidentale con rimanenze della lunga dominazione ottomana. E la commistione tra gli eleganti edifici di architettura austro-ungarica e italiana (fine '800, inizi del XX sec.) con i residui d'arte del realismo socialista ne delineano un tratto tanto tipico, quanto sconcertante.

TIRANA, PIAZZA SKËNDERBEG
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Sebbene afflitta gravemente dal problema dell'inquinamento — la gran parte dei mezzi circolanti è costituito da vecchie auto diesel fuori dalle norme UE — la città sta vedendo un progressivo miglioramento delle sue infrastrutture e dell'estetica urbana. Diverse costruzioni abusive (p.es. quelle edificate sulle sponde del fiume Lana) sono state sostituite da aree verdi e diversi interventi sono già in atto o in previsione nel nuovo piano regolatore cittadino.

TIRANA
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Consuete indicazioni da tour-operator, per finire: andare a gustarsi una Tavë Kosi — quiche di tenera carne di agnello, cotta in un piatto di terracotta con uova e yogurt, coperta da un rivestimento leggero e cremoso — al ristorante "Shije Fshati" ("Gusto di Paese"), può essere una buona idea. Così come scegliere il signorile "Arté Boutique Hotel", in pieno centro di Tirana, per passare la notte.
Cieli sgombri.

ARTÉ BOUTIQUE HOTEL, TIRANA
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TAVË KOSI
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25^ tappa
🇦🇱 Tiranë LATI - BKPR Prishtina 🇽🇰
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{"Balcanizzazione" [/bal·ca·niẓ·ẓa·zió·ne/ s.f.]: processo e condizione di disordine interno o di frazionamento turbolento.}

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Forse potrà sembrare un po' supponente da parte mia buttarla sulla geopolitica e la storia ma, elicotterando da Tirana (Albania) a Pristina (Kosovo) — così come è successo proveniendo dalla Macedonia del Nord e come succederà nei futuri trasferimenti in Montenegro, Bosnia, Croazia, Serbia e Slovenia — non riesco a non pensare come questo pezzo di Europa sia stato in lunghi e cruciali periodi, vicini e lontani, fortemente e bellicosamente frammentata. Ed ovviamente lo sia ancora oggi.
Il che — se non altro dal punto di vista della pianificazione del mio tour — mi costringe, per risalire meno di 1.500 miglia (tipo la lunghezza di una rotta tra Bari e Milano, per capirsi), a programmare ben sei tappe.


Bene, atterro all'aeroporto internazionale "Adem Jashari"/ BKPR in una bella giornata di sole primaverile: Pristina, capitale del Kosovo (10.887 km², più o meno come la superfice della Basilicata; abitata da poco meno di 1 milione e 800 mila anime: e qui siamo ai livelli della nostra Sardegna o Calabria).

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Kosovo che fino al 2008 — posta una stretta correlazione etnico-culturale con l'Albania — era comunque una regione serba e che, appunto in quell'anno, proclamò unilateralmente la propria indipendenza; la Serbia dichiarò immediatamente di non riconoscerne la secessione, che fu accolta invece da numerosi Stati, tra cui l'Italia (ma non da Russia e Cina. Attualmente l'indipendenza del Kosovo è riconosciuta da 98 Stati membri dell'ONU su 193).
Pristina, dicevamo. Che dire? Non molto, in verità: tra il 1996 e il 1999, durante la guerra civile jugoslava, fu bombardata e in gran parte rasa al suolo. Molti abitanti emigrarono all'estero — verso la Macedonia e altri stati europei — dando vita a quella che è conosciuta come la 'diaspora kosovara'. Nel 1999 l'ingresso delle truppe NATO portò alla fine delle ostilità aperte ma non a quella delle violenze tra civili, di cui furono vittima in particolare i serbi che, di conseguenza, lasciarono in massa la città. Pristina divenne sede dell'amministrazione delle Nazioni Unite (UNMIK), beneficiando di aiuti e della cooperazione internazionale, oltre che di donazioni da parte dei connazionali emigrati all'estero.

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Da allora l'arredo urbano è stato ripristinato e migliorato e oggi si annusa un minimo d'aria di sviluppo, sia sociale che economico. Però, una volta qui — ecco che ritorna la mia supponenza iniziale — voglia di andarmene tanto in giro per la città non ne ho: meglio infilarsi in quello che viene indicato come il migliore ristorante di Pristina (il "Princesha Gresa") e, dopo cena, fare quei due passi che lo separano dall'ottimo 5 Stelle/Lusso "Swiss Diamond".

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26^ tappa
🇽🇰 Prishtina BKPR - LYPG Podgorica 🇲🇪
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Ricevo la clearence per sollevare i pattini non appena un A320 della Wizz Air, proveniente da Vienna, atterra e inizia il suo taxiing verso il piazzale dell'"Adem Jashari", lì dove ce n'è un altro che sta già imbarcando per Karlsruhe.
Volo per poco sul piccolo stato kosovaro, il tempo di arrivare sull'Aeroporto di Gjakova (Đakovica): scalo costruito dalla KFor dell'ONU durante la guerra del '99 e gestito, fino alla fine del 2013, dall'Aeronautica Militare italiana. Poi, quest'ultima lo ha consegnato al governo del Kosovo che — fermo restando il progetto originale di utilizzarlo per il traffico di compagnie aeree low-cost e cargo — a tutt'oggi non lo ha ancora reso operativo.
La maggior parte della mia rotta odierna si sviluppa sopra l'Albania, seguendo il tortuoso percorso del fiume Drina (a proposito, qui mi passano per la mente le immagini descritte da Ivo Andrić ne ‹Il Ponte sulla Drina›, romanzo di cui consiglio la lettura a chi fosse interessato alla comprensione della storia della ex-Jugoslavia) fino a che le sue acque, nate dalle aspre rocce balcaniche, non vanno a mischiarsi con quelle placide dello Scutari (lago che prende il nome dall'omonima città albanese — Shkodra — direttamente affacciata sulla sua sponda meridionale).
Sorvolo il lago in direzione nord, entro nello spazio aereo montenegrino e dopo poco atterro all'internazionale di Podgorica. Invero un po' rudemente; forse distratto dagli impavidi marshaller tranquillamente passeggianti sull'APRON...

PODGORICA, PANORAMA
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Podgorica nacque nell'XI secolo come Birziminium, successivamente chiamata Ribnica e soltanto dalla prima metà del XIV con l'attuale denominazione.
La città crebbe all'incrocio di diverse importanti vie di comunicazione, favorita dalla fertilità della valle del lago di Scutari e dalla presenza dei numerosi fiumi.
Affermatasi come centro mercantile, sotto il dominio turco vi venne edificata una fortezza a difesa delle rotte commerciali e degli attacchi delle tribù slave ribelli.
Nel 1878 il Congresso di Berlino riconobbe l'indipendenza del Principato del Montenegro e la città vi venne integrata, conoscendo un notevole sviluppo pur non essendo la capitale del paese. Al termine della guerra 1914-18 un'assemblea cittadina sancì l'unione del Montenegro alla Serbia nel neonato Regno dei Serbi, Croati e Sloveni (poi detto di Jugoslavia); mentre la conclusione del secondo conflitto mondiale le consegnò il ruolo di capitale della Repubblica Socialista del Montenegro, federata alla Jugoslavia, con il nome di Titograd.
Nel 1992 tornò alla denominazione di Podgorica e dal 21 maggio 2006 è la capitale — in cui risiedono circa 170 mil persone — del neo-costituito Stato indipendente del Montenegro.

PODGORICA, CITTÀ VECCHIA
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PODGORICA, INTERNO DELLA CATTEDRALE DELLA RESURREZIONE
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Secondo le guide turistiche un'occhiata va data alla Cattedrale della Risurrezione (Saborni Hram Hristovog Vaskrsenja), così come al Palazzo Reale, costruito nel 1891 dal Re Nikola I come residenza invernale. Ma soprattutto vale la pena di farsi un giro per la città vecchia (stara varoš), tra costruzioni che risalgono al periodo ottomano — tipo la Torre dell'orologio — il vecchio ponte sulla Ribnica (XV secolo) e gli scarsi resti della fortezza alla confluenza tra Ribnica e Morača (XV secolo).

PODGORICA, ZIYA HOTEL
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...e secondo le medesime guide, il posto migliore per andare a riposarsi è lo Ziya Hotel, in pieno centro: spa con piscina, idromassaggio e sauna.
Per cena — pur non essendo io tendenzialmente carnivoro e per di più piuttosto accorato riguardo la sorte dei piccoli ovini — va comunque consigliato lo "jagnjetina u mlijeku" ("agnello al latte"), speciale perché la particolare modalità di cottura addolcisce la carne e ne cancella l’odore: un vero piatto d’autore, pare, di carne morbida e gustosa, contornata da purè di patate e di saporite verdure.

JAGNJETINA U MLIJEKU (AGNELLO AL LATTE)
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Fabiani

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27^ tappa
🇲🇪 Podgorica LYPG - LDDU Dubrovnik 🇭🇷
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Dopo un'inopinata "sosta-tecnica" di oltre un mese e mezzo il mio H145, immatricolato I-AURF, riprende il suo Europe Heli-Tour con una livrea nuova di pacca (e anch'io, nel frattempo, mi sono lasciato crescere la barba completa...).

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Questa ventisettesima tappa — che mi porta dalla capitale del Montenegro, Podgorica, a una delle gemme del Mediterraneo, Dubrovnik, in Croazia — è probabilmente una delle più brevi dell'intero giro del vecchio continente; e nel trasferimento verso la costa dalmata, rendo ancora più corta la rotta, volando un po' più a nord di quanto previsto nel piano originale.

PARCO NAZIONALE DEL LOVĆEN
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BOCCHE DI CATTARO
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Lo faccio per sorvolare a bassa quota le alture montenegrine del Parco Nazionale di Lovćen e soprattutto per sbucare sul bagliore affascinante dei fiordi delle Boka Kotorska (le Bocche di Càttaro): sono posti che mi rimandano a estati di decenni fa — qui si chiamava ancora Jugoslavia — passate «su una spiaggia solitaria» e sono cose che a una certa età commuovono pure un po'.
Approccio allo Zračna Luka Dubrovnik (LDDU) mentre dalla torre hanno appena dato la clearence ad un British Euroflyer destinato a Gatwick; poi mi basta coprire in taxi la ventina di chilometri che separano Čilipi — dove sta l'aeroporto - per giungere alla meta della mia tappa odierna.

AEROPORTO DI DUBROVNIK (LDDU)
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Dubrovnik (Ragusa, in Italiano), sebbene gravemente danneggiata da un terremoto nel 1667 (e dalle ferite della guerra civile jugoslava alla fine degli anni '90), è riuscita a conservare gran parte delle sue imponenti mura cinquecentesche, delle chiese gotiche, rinascimentali e barocche, dei monasteri, dei palazzi e delle fontane: un intero centro storico — quello de "La perla dell'Adriatico» — di particolare importanza storica e culturale, quindi, che naturalmente figura tra i principali Patrimoni dell'Umanità dell'UNESCO.
La città divenne un'importante potenza marittima del Mediterraneo intorno al XIII secolo, toccando poi l'apice del suo sviluppo economico-sociale tra il XV e il XVI secolo. Da sempre ha notevolmente influenzato lo sviluppo della letteratura croata, diventando punto di riferimento di poeti, drammaturghi, pittori, matematici, fisici e di altri studiosi. E grazie anche alla sua secolare storia, Dubrovnik è diventata oggi una delle principali mete turistiche dell'Adriatico.Approccio allo Zračna Luka Dubrovnik (LDDU) mentre dalla torre hanno appena dato la clearence ad un British Euroflyier destinato a Gatwick; poi mi basta coprire in taxi la ventina di chilometri che separano Čilipi — dove sta l'aeroporto - per giungere alla meta della mia tappa odierna.

DUBROVNIK
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DUBROVNIK
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DUBROVNIK
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Concludo con i consueti consigli per turisti: per pernottare bene — ma anche per soggiornare, direi — mi sembra piuttosto indicato il Rixos Premium Hotel; per soddisfare le voglie eno-grastronomiche, la Lokanda Peskarija già è tutto un programma dal nome (naturalmente se si amano le pietanze di mare...).

RIXOS PREMIUM HOTEL, DUBROVNIK
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PESCE E FRUTTI MARE ALLA LOKANDA PESKARIJA, DUBROVNIK
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Fabiani

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28^ tappa
🇭🇷
Dubrovnik LDDU - LQSA Sarajevo
🇧🇦

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Sollevo i pattini dall'Aeroporto Internazionale di Dubrovnik e faccio prua verso il vicinissimo Adriatico, giusto per costeggiarne un breve tratto e buttare un occhio alle imponenti mura cinquecentesche della Città Vecchia.
Rientro sulla terraferma verso nord-est, risalendo il corso della Narenta fino a varcare i confini croati e sono già in Bosnia — anzi, per la precisione, qui sono in Erzegovina — quando volo su Mostar. Sotto di me intravedo lo Stari Most (Ponte Vecchio), costruito nel XVI secolo da Sulaymān I, Solimano "Il Magnifico", distrutto nel 1993 dai Croati durante la Guerra Civile Jugoslava e ricostruito sotto l'egida dell'UNESCO nel 2004.

MOSTAR
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Alle turbine del mio H-145 devo chiedere ancora un po' di sforzo per superare le aspre e non banali alture delle Alpi Dinariche, per planare finalmente verso i 500 m/slm sui quali poggiano piste e piazzole dell'Aeroporto di Sarajevo-Butmir (LQSA).


Rimetto piede [ seppure solo virtualmente. NdR ] dopo oltre trentacinque anni non solo in quella che oggi è la capitale politica, finanziaria, sociale e culturale della Bosnia-Erzegovina, ma in un luogo che dalla propria, lunga storia di commistione etnica, culturale e religiosa è comunque riuscita a trarne un seducente tratto peculiare: Sarajevo, "Gerusalemme d'Europa", una delle poche grandi città del Vecchio Continente ad avere una moschea, una chiesa cattolica, una ortodossa e una sinagoga, fianco a fianco nello stesso quartiere.

SARAJEVO, PANORAMA
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SARAJEVO, BAŠČARŠIJA
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Sebbene le sue origini siano riconducibili alla preistoria, la città come la vediamo oggi è sorta come roccaforte ottomana nel XV secolo.
Più volte nella sua storia, Sarajevo ha poi destato attenzione a livello mondiale. Fu il luogo dell'attentato all'Arciduca Franz Ferdinand, episodio che scatenò la "Grande Guerra" del 1914/'18. Al termine del secondo conflitto mondiale, l'istituzione della Socijalistička Republika Bosna i Hercegovina, parte della Jugoslavia, comportò una notevole espansione della città. Nel 1984 ospitò i XIV Giochi Olimpici Invernali, i quali segnarono probabilmente l'apice della prosperità cittadina. Poi — dal 1991 al 1996 — durante il conflitto che ha portato alla dissoluzione della repubblica jugoslava, Sarajevo subì il più lungo assedio (1425 giorni) di una capitale nella storia moderna.

SARAJEVO
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SARAJEVO
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La ricostruzione post-bellica ha portato nuovamente a una forte crescita della città: nel 2014 è stata designata ‹Capitale Europea della Cultura› e nel 2019 ‹Città Creativa dell'UNESCO› per aver posto la cultura al centro delle sue strategie di sviluppo. Del resto, da sempre Sarajevo è stata la culla di molti pensatori, poeti e artisti. Vladimir Prelog, Premio Nobel per la Chimica, è nativo della città; così come il regista cinematografico Emir Kusturica. Un altro Nobel — lui per la Letteratura — Ivo Andrić, si considerava suo cittadino; e tanti altri scrittori, donne e uomini di cultura sono nati o hanno soggiornato a lungo nella città.
Insomma, a passeggiare per la parte più antica della città — Baščaršija — che in epoca ottomana era la principale zona commerciale e centro della vita sociale cittadina, piuttosto che per le strade più moderne ed eleganti a ridosso delle rive della Miljacka, Sarajevo resta una meta seducente e generosa di emozioni, scorci, sapori.

SARAJEVO
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A proposito di sapori. Dicevo dell'area di Baščaršija (dal turco "baş çarşı", "mercato grande"): lì, da sempre, gli artigiani cesellano i ‹sahan›, piatti di portata in rame che sono vere e proprie opere d'arte, soprattutto per la particolare cura che viene prestata alla decorazione del coperchio, utilizzato per impedire al cibo di raffreddarsi.
Dai sahan prende il nome una delle specialità culinarie locali — il Bosanski Sahan, il "Tegame Bosniaco" — che, in realtà, è una perfetta combinazione di diversi piatti distinti: un Šiš-Ćevap (piccoli pezzi di manzo e carote posti alternativamente su uno spiedo di legno), delle Japrak Sarma (foglie di vite ripiene), peperoni e pomodori ripieni, un po' di Sogan Dolma (cipolle ripiene) e qualche polpetta.
Le guide locali concordano tutte, per il migliore Bosanski Sahan, nell'indirizzarti a quella che noi chiameremmo una piccola "trattoria" di Baščaršija: ovvero all'Hadžibajrić Aščinica.
Dopo una cena dal gusto fortemente tradizionale, però, alla fine non guasta passare la notte nel molto moderno e un po' lussuoso confort dello Swissotel.

SARAJEVO SWISSOTEL
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SARAJEVO: HADŽIBARIĆ AŠČINICA / BOSANSKI SAHAN
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sky339

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55
Località
svizzera tedesca
Complimenti, mi è piaciuto anche il montaggio, del video clip, un incrocio fra musica, comunicazioni radio, ed engine sound dell`elicottero.
 

Fabiani

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29^ tappa
🇭🇷
Sarajevo LQSA - LYBE Beograd
🇷🇸

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Pioviccica, mentre un Austrian completa la sua taxi-clearance e io mi sollevo dal Sarajevo-Butmir.
La meta di oggi è Beograd (Бeoгpaд, Belgrado): la capitale della Repubblica Serba. La raggiungerò dopo avere sorvolato il centro di Sarajevo e percorsa, in poco più di 50 minuti, una tratta di 110 miglia (circa 204 chilometri) che mi porterà a scavallare quelli che qui chiamano Rudne Planine, i "Monti dei Minerali". Sono le ultime spigolosità di queste alture balcaniche che — a dire il vero — lascio senza tanti rimpianti. Solo un'occhiata, giù, all'area di Srebenica: famosa ai tempi dei Romani come ‹Argentaria›, per via delle sue miniere; famigerata dal 1995 per il massacro di circa ottomila maschi musulmani da parte delle truppe paramilitari serbo-bosniache di Ratko Mladić. Comincia a uscire un po' di sole, ma non basta a placare il magone d'angoscia.
Alla fine, compare l'Aeroporto Internazionale di Belgrado <Nikola Tesla›, situato nel sobborgo di Surčin, circa 12 chilometri a ovest dal centro della città e poggio i pattini su una piazzola riservata dell'area elicotteri.

BELGRADO, VISTA DAL PARCO KALEMAGDAN (FORTEZZA)
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BELGRADO, KNEZ MIHAILOVA
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BELGRADO
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Con una popolazione di oltre 1.200.000 abitanti, Belgrado — situata alla confluenza della Sava con il Danubio — costituisce la terza area metropolitana più popolata dell'Europa sudorientale, dopo quelle di Atene e di Bucarest.
Le sue origini sono antichissime e molti sono i ritrovamenti di culture autoctone databili già al 4.800 a.C. Nel III secolo dell'Era Moderna i Celti fondarono un villaggio nella zona dell'attuale centro storico, successivamente conquistato dai Romani che lo denominarono Singidunum. Dal IX al XVI secolo Singidunum fu alternativamente sotto il potere dei Bizantini, dei Bulgari, dei Magiari, dei Serbi, fino a che non venne conquistata dai Turchi nel 1521 e rimanendo assoggettata all'Impero Ottomano fino alla metà dell'800. Nel 1882 — espugnata definitivamente dalla Casa d'Asburgo — assunse il ruolo di capitale del Regno di Serbia.
Se si eccettuano i resti della cittadella fortificata e di una tomba gentilizia (türbe) ottomana, è naturalmente questo il periodo in cui sono databili i più importanti edifici storici cittadini. Case private, moschee, madrase, caravanserragli e la maggior parte delle strutture di epoca turca furono sostituite da nuove costruzioni, opera di architetti e maestranze straniere — in particolare tedeschi, italiani e cechi — edificate secondo i gusti e gli stili più in voga all'epoca nell'Europa occidentale (Neoclassicismo, Art Nouveau, Neo-Rinascimento, ecc.).
Nel periodo della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, poi, in pochi decenni venne edificata una sterminata periferia per offrire alloggio a chi, dalla campagna, si spostava in città; e ancora — negli ultimi decenni del Novecento — altri edifici, abbandonata l'architettura tipica del realismo socialista, sono sorti nelle aree esterne al centro: un esempio è la Beograđanka, un grattacielo alto 101 metri, eretto tra il 1969 e il '74.

BELGRADO, SKADARLIJA
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Storia e architettura a parte, se ci si ritrova la sera a Belgrado è opportuno puntare dritto verso Knez Mihailova e inoltrarsi a Skadarlija, nelle sue stradine dal sapore decisamente bohémien. È la zona della città dov'è presente il maggior numero di bar e ristoranti; e "Šesir Moj" sembra perfetto per gustarsi un buon filetto affumicato di trota, accompagnato da un bella portata di porcini arrostiti.
A dormire, si va allo Slavija Lux, tipico hotel moderno, senza particolare fascino; ma a me ricorda una trasferta per un Partizan-Roma del 1988. E alla mia età si diventa nostalgici.

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HOTEL SLAVIJA LUX, BELGRADO
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Fabiani

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30^ tappa​

🇷🇸 Beograd LYBE - LYBE Budapest 🇭🇺

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Nasce in Germania, nella Foresta Nera. Diventa adulto nel Bacino Viennese, attraversa velocemente la Slovacchia per poi scivolare dolcemente nella Grande Pianura: ovvero, un enorme "letto" di oltre 100 mila chilometri quadrati, che occupa sei stati europei (Ungheria, Croazia, Serbia, Bulgaria, Romania, Moldova e Ucraina) e su cui il Danubio si distende per quasi altri 2000 chilometri, prima di andare a tuffarsi nel Mar Nero.​

Ed è proprio risalendo il corso del secondo fiume più lungo del Vecchio Continente (e un po' seguendo l'E75, la Strada Europea che corre dal Mare di Barents alla Grecia) che da Belgrado arrivo a Budapest.


PARCO NATURALE DI KISKUNSÁG, LAGO FEHÉR
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In mezzo, solo questa parte della Grande Pianura — quella che i Magiari chiamano Alföld — sulla quale volarci è, al limite, persino un po' noioso (anche se non mancano spettacoli suggestivi come quello parco naturale di Kiskunság, Lago Fehér compreso).
Nel filmatino ("condito" solo da una melodia tradizionale serba) mi limito a documentare il decollo dall'area elicotteri del ‹Nikola Tesla›, il sorvolo del centro storico di Belgrado e l'atterraggio al ‹Ferenc Liszt› di Budapest.

BUDAPEST, PANORAMA
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BUDAPEST, PIAZZA DEGLI EROI
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BUDAPEST, PARLAMENTO
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BUDAPEST
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Della capitale dell'Ungheria se ne parlerà un po' nel commento alla prossima tappa, quando voleremo radenti sulla città.
Per ora solo qualche cartolina, come di consueto. E — come di consueto — appunti per sopravvivere a Budapest e dormire con gusto e soddisfazione. Ovviamente, prima di tutto, il Gulash: è il piatto ungherese per eccellenza; il nome originale "Gulyás", deriva dall'usanza di cucinare la zuppa nel paiolo. Le varianti sono moltissime, ogni famiglia e ogni cuoco ha la sua personale ricetta, ma sostanzialmente si tratta di una zuppa a base di carne di manzo arricchita da patate, peperoni e strutto, insaporita dall'amata paprika. Se su Google cercate 'miglior gulash Budapest', il primo risultato che otterrete sarà ‹Paprika›, un piccolo locale vicino Hősök Tere (Piazza degli Eroi), arredato nel più tipico stile ungherese, con tendine a quadretti bianchi e rossi, luci soffuse e tavoli di legno.
Per dormire, com'è noto, Budapest è città termale e l'Ensana Health Spa Hotel sulla Margit-Sziget (l'Isola Margherita) mi pare apprezzabile ritiro.

BUDAPEST, ENSANA HEALTH HOTEL, LA SPA.
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GULASH
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Fabiani

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🇭🇺 Budapest LHBP - LZPP Piešťany 🇸🇰
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Il dente che fa male me lo levo subito e così dopo aver decollato dal Budapest-Ferihegy, presto mi lascio sulla destra la Puskás Arena, giusto per lanciarle un'occhiata piena di rimpianti calcistici; pensieri cupi che però non mi tolgono la voglia di un passaggio radente e lento su una delle capitali europee più eleganti e affascinanti che abbia visitato. E che la luce radente dell'alba — non sono neanche le 5:30 della mattina — rende ancora più bella.
La mia attenzione viene attratta innanzitutto dalle verdi strutture metalliche dello Szabadság Híd, il Ponte della Libertà che dal 1896 collega Pest a Buda; demolito nel '45 dalle truppe naziste in fuga, venne ricostruito e riaperto l'anno dopo.
Ecco Basilica di Szent István (ovvero Santo Stefano, István I, artefice principale della conversione al cristianesimo dei nomadi magiari, giunti dall’Oriente e stanziatasi in mezzo alle altre popolazioni slave nella fertile pianura del Danubio); ed ecco, non distante, gli oltre 65 metri della ruota panoramica (la Budapest-Óriáskereke: lingua ostica, l'ungherese...): entrambe mi scorrono sotto, placide come il Danubio.
Danubio — qui chiamato Duna — che attraverso giusto per sorvolare il Castello di Buda, il Budavári Palota: ovvero l'originaria fortezza duecentesca, modificata dagli Ottomani, ricostruita più volte fino all'attuale mix neogotico-barocca, da sempre il "palazzo reale" dei re ungheresi.
Quando poi torno sull'altra sponda del grande fiume, ho il tempo per adocchiare quelli che sono forse i due punti più fotografati di Budapest: l'Országház, il Parlamento di Budapest — meta turistica per eccellenza della città e vera e propria icona dell'Ungheria contemporanea — e un po' più lontane [a 0'58" nel video], le colonne e le statue dell'Hősök Tere (Piazza degli Eroi).


La meta della tappa odierna è l'aeroporto regionale di Piešťany in Slovacchia: scelta indirizzata, oltre che dal percorso programmato del Tour, dalla curiosità di andare a vedere se la qualifica di "Porta per il Paradiso delle spa", che le guide danno allo scalo, sia più o meno meritata.
L'approccio è sul piccolo lago creato dal Váh, affluente del Danubio ed è effettivamente piuttosto dolce allo sguardo. Il minuscolo aeroporto, terminal compreso — a dire la verità — come "porta" sembra piuttosto scalcinata...

IL FIUME VÁH NEL PARCO NATURALISTICO PRESSO PIEŠŤANY
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AEROPORTO DI PIEŠŤANY (LZPP)
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Piešťany infine, nota fin dal Medioevo per le sue calde sorgenti sulfuree e i suoi bagni di fango che alleviano malattie reumatiche e artritiche. Siamo a un'ottantina di chilometri a nord-est di Bratislava ed è cittadina piccola, tranquilla e pulita, come s'usa da queste parti.

PIEŠŤANY
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PIEŠŤANY
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Da Elizabeth Cukraren & Kaviaren, sicuramente ci sarà modo di gustare una ‹Pstruh na rasci a zemiaky› (trota al cumino al forno servita con uno sformato di patate). E — anche se tra i malanni mi mancano ancora reumatismi e artrite — come albergo per andare a dormire scelgo comunque il bel Thermia Palace Ensana Health, con terme annesse.

RISTORANTE ‹ELIZABETH CUKRAREN & KAVIAREN›, PIEŠŤANY
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THERMIA PALACE ENSANA, PIEŠŤANY
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(1. nota da musicologo: come commento al video mi è parso interessante questa versione pianistica a quattro mani della N°5 delle Danze Ungheresi di Brahms, eseguita dal duo Meštrović & Expresto©
2. nota da estetista: prima di partire da Budapest mi è parso opportuno radermi e lasciarmi di nuovo solo la mezza-barba)
 

Fabiani

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32^ Tappa
🇸🇰 Piešťany LZPP - EPKM Katowice-Muchowiec 🇵🇱
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Decollando dall'aeroporto di Piešťany, la consapevolezza di essere stato ospite del "Paradiso termale" slovacco non serve a placare completamente la sgradevole impressione di avere giubbotto, t-shirt, pantaloni, cappellino, scarpe e persino la biancheria intima impregnati, da qui all'eternità, del tipico odore emanato dalle calde sorgenti sulfuree che pullulano intorno a questa cittadina della Trnava.
Ma è — appunto — solo un'impressione; e la vista della bella campagna che scorre sotto di me mentre risalgo, direzione nord, il corso del fiume Váh, ha un effetto quasi catartico.
Poi col mio Airbus H145 — registrato I-AURF — per non salire troppo di quota e godermi al meglio il paesaggio, inizio un piccolo slalom tra le pur non eccelse vette dei Carpazi e in una quarantina di minuti sono già in Polonia.
La regione che mi accoglie è la Slesia — che qui chiamano Śląsk (pronunciatelo qualcosa come "slò'c" se volete fare bella figura...) — con il lago artificiale di Goczałkowickie, creato nel 1956 sbarrando le acque della Vistola e dando vita a un parco naturale in cui prospera una fauna variegatissima di uccelli e pesci.
Avvicinandomi alla meta guardo verso est: a una ventina di chilometri, là sotto, c'è un luogo che in polacco suona difficile da dire, Oświęcim. E in tedesco disumano e terribile da ricordare, Auschwitz.
Poi, dopo un rapido sorvolo della città, atterro nel piccolo aeroporto di Muchowiec, il secondo scalo di Katowice dopo quello internazionale di Pyrzowice (EPKT).


KATOWICE
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Katowice, con i suoi circa trecentomila abitanti è solamente l'undicesima città polacca per dimensioni. Ma è anche la principale città di un'area metropolitana tra le maggiori d'Europa, una vasta area industriale dell'Alta Slesia che comprende tra le altre Gliwice, Zabrze, Bytom, Sosnowiec, Jaworzno e il cui agglomerato registra quasi 3 milioni e mezzo di persone.

Il centro della città rappresenta ancora un rimarchevole esempio di Art Nouveau, anche se negli anni '50 del XX secolo, ha dovuto cedere non poche posizioni a nuovi edifici, dall'architettura più moderna e funzionale (ma non sempre più bella da vedere...). Esempio tipico è il Drapacz Chmur — traduzione dell'inglese "skyscraper" — i cui diciassette piani, strutturati su cemento e acciaio nel 1934, lo inseriscono tra i primi grattacieli edificati nel Vecchio Continente.
Una passeggiata vale anche la pena farsela dalle parti dello Spodek, un grande impianto fatto per ospitare eventi sportivi ma anche convegni e fiere. Già che si è da quelle parti si può buttare un occhio, più per curiosità storica che per apprezzabilità artistica, al Pomnik Powstancow Slaskich ("Monumento agli Insorti della Slesia") messo lì a commemorare chi, tra l'agosto 1919 e il luglio del '21, combattè contro i tedeschi per liberare la regione dal controllo della Repubblica di Weimar.

KATOWICE, SULLO SFONDO IL DRAPACZ CHMUR
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KATOWICE, MONUMENTO AGLI INSORTI DELLA SLESIA E SULLO SFONDO LO SPODEK
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Per una volta, i consigli gastronomici esulano dalle portate principali e si rivolgono verso il dessert: stando da queste parti sarebbe infatti colpevole non assaggiare qualche fetta della tradizionale ‹kołocz śląski›, una deliziosa torta dalla caratteristica copertura burrosa e croccante, realizzata con un impasto simile alla frolla — ma sbriciolato come un crumble — e con un con ripieno di un formaggio ricottoso, semi di papavero, cannella e mele arrostite.
Placati i morsi della fame e restando sempre in centro città, a Katowice si può infine andare a dormire confortevolmente tra le 4 Stelle del Diament Plaza.

KOŁOCZ ŚLĄSKI
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HOTEL DIAMENT PLAZA, KATOWICE
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